Esiste l’incorruttibilità dei nostri principi morali?
Se crediamo nell’incorruttibilità dei nostri principi morali, se riteniamo che nulla potrà mai far emergere il lato bestiale presente in noi stessi, che le convinzioni etiche con le quali siamo cresciuti non possano essere scalfite in alcun modo, ciò significa che non ci siamo mai imbattuti in Dolores “Lolita” Haze. Nabokov ci presente una figura femminile, per certi tratti inedita, che si colloca esattamente a metà tra la femme fatale decadentista e la Marzella di Kirchner, attingendo l’inclinazione seducente e calcolatrice dall’una e l’acerbo smarrimento dall’altra. Lolita è e sarà per sempre un capolavoro disturbante, crudo, esasperante, diretto. L’opera apre le porte ad un altro lato di noi stessi, consapevole della debolezza e della perversione latente del genere umano, avviluppato nell’istinto animale insito in ognuno di noi. Diventiamo giudici e imputati nel tribunale della nostra coscienza e ciò rende ancora più manifesta la depravazione di matrice freudiana che condividiamo con il protagonista, Humbert Humbert. L’autore ci fa vergognare, ponendoci di fronte alla nudità del nostro pervertimento degenerante, ricordandoci che non basteranno secoli di evoluzione per sottrarci alle folli passioni, tanto selvagge quanto ineludibilmente naturali. Ci accorgiamo troppo tardi di parteggiare per il personaggio sbagliato e questo fa di noi i complici perfetti della nostra aberrazione. In fondo, le ninfette sono sempre state presenti nella nostra cultura: Beatrice per Dante, Laura per Petrarca, Fiammetta per Boccaccio, tutte fanciulle giovanissime. Alla fine dei conti, un’attrazione malata può facilmente svilirsi nel “affetto brutale sparato in faccia come aria compressa” cantato da I cani. Del resto, tutti noi siamo un po’ Humbert, tutti noi siamo un po’ Kevin Spacey in American Beauty, tutti noi siamo un po’ Kevin Spacey e basta. Perché, nonostante la consapevolezza di tutto questo, non riusciamo mai, in alcun modo, a condannare il “mostro”, consci del fatto di essere più vicini a lui di quanto siamo disposti ad ammettere.
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