Passa ai contenuti principali

 MARCEL PROUST


Giuseppe Scaraffia ha dedicato buona parte dei suoi studi all’opera proustiana per eccellenza, la Recherche. In questo saggio ampiamente illustrato con foto d’epoca disegna un ritratto dell’autore francese che rompe molte categorie di genere. Questa infatti non è solo una biografia, né tantomeno un testo di pura invenzione letteraria, ma supera ogni confine diventando esso stesso una ricerca, e restituisce tutta la grandezza e la complessità di questo sforzo: una lettura che permette d’entrare nella vita del più grande romanziere francese del primo Novecento, la cui figura è ancora capace di affascinare i lettori di oggi.

È leggendaria l’abilità mimetica di Proust, la sua capacità di tramutarsi perfettamente nel personaggio preso di mira. In questi ritratti orali, Proust diventava l’altro, assumendone i gesti, i tic e la voce. All’interno della finzione Proust si sdoppiava e partecipava interamente dell’essere imitato, pur conservando la lucidità necessaria a evidenziarne il ridicolo. La memoria dell’imitatore è una pellicola infinitamente sensibile e dolente, in cui le impronte adunche degli aggressori umani scavano dei solchi, un messaggio cifrato, ma precisissimo, che si scioglie solo nell’atto di riprodurlo. L’imitazione è allora un atto liberatorio nel momento stesso in cui la sua straordinaria precisione rivela la profondità ferita dell’impronta. Ricreando la feroce risata e il gesticolare magniloquente di Montesquiou, la sua esibizione più riuscita, Proust “era” l’aggressivo nobiluomo e l’ilarità che provocava era dovuta soprattutto al fatto che Proust, per quanto perfetto fosse, non era il perfido conte.

La risata dello spettatore esprime il suo sollievo di essere sopravvissuto al mostro mimato, e l’imitazione è l’avvincente resoconto dello scampato.

Commenti

Post popolari in questo blog

 IL COMMESSO Nei Pirke Avot, il libro del Talmud in cui troviamo molte massime e detti, leggiamo che se un servo vi ruba, dovete perdonarlo. E se il servo ruba di nuovo, dovete perdonare di nuovo. Morris Bober, un umile e sfortunato ebreo russo che gestisce un negozio di alimentari in crisi a New York (uno schlimazl, in altre parole), mette in pratica questo monito nell'eccezionale romanzo di Malamud. Sembra non avere fede, non frequenta la sinagoga e non si parla di Dio da nessuna parte. Un giovane italo-americano senza fissa dimora arriva alla sua porta di casa, ruba del pane e del latte perché ha fame. Eppure, senza menzionare la religione o il Talmud, Morris lo perdona, il giovane diventa suo assistente, commette altri crimini (un vero e proprio ganef) e viene perdonato ogni volta. Malamud utilizza questo racconto per sottolineare alcune idee fondamentali dell'ebraismo. Anche se Dio sembra avervi abbandonato, non rinunciate alle azioni richieste dalla giustizia e dalla pace
 L'UOMO DI KIEV La vita non sta andando bene per Bok, sua moglie è scappata con un goy e il lavoro è difficile da trovare all'interno del Pale. Alla fine, Bok si arrende, vende e decide di trasferirsi nella vicina Kiev per cercare una possibilità di migliorare la sua situazione, forse per guadagnare abbastanza ed emigrare dalla Russia. Dopo un periodo di stenti a Kiev, Bok ha un po' di "fortuna" e ottiene il patrocinio di un gentiluomo russo, un impiego ben pagato e alla fine gli viene offerto il posto di caposquadra nella fabbrica di mattoni del russo. Tutto va bene, se non fosse che il russo è un membro dell'antisemita Cento Nero che non sa che Bok è di origine ebraica. La fabbrica si trova inoltre in una zona di Kiev vietata agli ebrei. Quando un ragazzino cristiano di dodici anni viene ucciso "ritualmente" non lontano dalla fabbrica, un operaio che Bok aveva precedentemente sorpreso a rubare e che sospetta che sia ebreo solleva dei sospetti su di
 ABBACINANTE - L'ALA SINISTRA Sono passate alcune settimana da quando ho terminato di leggerlo e ho pensato più volte di recensirlo, ma mi sono sempre bloccato. Mi chiedevo: "Come posso descrivere questo libro?". La realtà dei fatti è che non posso, in realtà, ma devo scrivere qualcosa su questo brillante romanzo. È in parte un libro di memorie, che racconta gli anni formativi di Cărtărescu a Bucarest, solo che improvvisamente si trasforma in una narrazione onirica allucinata, periodicamente, senza alcun preavviso. Può succedere di tutto: angeli guerrieri dal cielo possono apparire all'improvviso per combattere contro gli zombie, per esempio, proprio nel bel mezzo di una sezione realistica su una carovana in viaggio. La linea di demarcazione tra reale e immaginario è sottilissima e a volte ricorda Bruno Schulz. I sogni si fondono con la memoria. A volte è difficile capire dove finisce la realtà e inizia il fantastico. Può capitare di esplorare una tomba sotterranea qu